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Servizio Sanitario Regione Emilia Romagna
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COVID-19: l’importanza delle terze e quarte dosi bivalenti nei pazienti HIV+

I nuovi vaccini bivalenti estendono la loro efficacia alle varianti del virus, Delta ed Omicron. Ciononostante, l’80% de ricoverati è ancora privo della quarta dose.

 

«La vaccinazione anti COVID-19 è il modo migliore per riappropriarsi di una certa ‘normalità’ nella vita relazionale», afferma Giovanni Guaraldi, medico infettivologo e Professore associato dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, che fa il punto sul significato e l'importanza delle vaccinazioni bivalenti:

 

«Oggi le terze e quarte dosi sono “m-RNA bivalenti”, ossia formulate per offrire una copertura dalle varianti Delta e Omicron a tutta la popolazione. Il virus SARS- CoV-2 è destinato a permanere, e dal momento che l’immunità è labile risulta necessario rinnovarla periodicamente con booster vaccinali».

 

I nuovi vaccini bivalenti - inducendo la produzione temporanea delle proteine spike della variante originale e della sottovariante BA.2 - estendono la loro efficacia alle mutazioni del virus. Ed il completamento del ciclo vaccinale è tanto più urgente se rapportato ai dati attuali: a settembre 2022 si è registrato un aumento del 10% dei positivi in appena una settimana (potenziale indicatore di una nuova ondata) con più dell’80% dei ricoverati ancora privo della quarta dose.  

«La malattia è la stessa - sottolinea Guaraldi - ed uguale è la patogenicità: chi non ha avuto problemi con le prime due dosi non tema conseguenze con queste ultime e vada a vaccinarsi. Le complicanze severe, rappresentate in particolare dalle miocarditi, si sono verificate solo in alcuni soggetti con la prime dosi, e accentuate nelle seconde. Abbiamo già selezionato queste persone e invitato tutte le restanti a vaccinarsi in tranquillità e sicurezza, ricordando inoltre che si tratta di un vaccino ‘combinabile’ con quello contro l'Herpes Zoster (comunemente noto come “Fuoco di sant’Antonio") e con l’antinfluenzale».

 

Quali indicazioni ai pazienti HIV+? «Oltre agli operatori sanitari, agli ospiti delle RSA e agli over 60, la quarta dose è destinata alle categorie fragili, fra cui figurano i sieropositivi. Per questi ultimi - in cui la risposta al vaccino è ben correlata alla conta dei linfociti CD4 - continuare a vaccinarsi non è solo una raccomandazione ma un’opportunità essenziale: i pazienti HIV+ rischiano infatti di perdere anni di guadagno immunologico legato alla terapia antiretrovirale, poiché il danno infiammatorio e di immunosenescenza (ossia di abbassamento delle difese immunitarie nel corso del normale processo di invecchiamento) legato al COVID-19 è elevato. E’ il motivo per cui si parla di “Long Covid”, cioè di una condizione clinica caratterizzata dal mancato ritorno allo stato di salute precedente l’infezione acuta, similmente a quanto accade per il virus HIV».  

Esistono controindicazioni per chi è in terapia antiretrovirale? «Nessuna: il vaccino anti-covid non pregiudica in alcun modo il percorso terapeutico, che i pazienti HIV+ devono portare avanti anche qualora avvenga l’esposizione antigienica al virus SARS- CoV-2, persino nel caso di un’infezione asintomatica»   «E’ fondamentale somministrare terapie antivirali specifiche per COVID-19 il più velocemente possibile rispetto alla diagnosi di contagio, oltre a fare attività di screening sui soggetti vulnerabili così da conoscerne la reazione anticorpale al vaccino: in caso di risposta immunitaria pari a zero, infatti, certi immunodepressi - tra cui i sieropositivi con bassa conta di CD4 e i trapiantati - sono candidati alla profilassi pre-esposizione (PrEP) con anticorpi monoclonali.

La loro individuazione e la gestione della PrEP sono affidate direttamente agli specialisti che hanno in carico questi pazienti: «Oggi basta rivolgersi al proprio infettivologo per ricevere il certificato vaccinale ed accedere alla quarta dose senza bisogno di prenotazione».

 
Ultima Modifica: 05.10.2022 - 13:08