Infezione da HIV
L'emanazione del Decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali "Istituzione del sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezioni da HIV" del 31.03.2008 ha permesso di attivare anche in Emilia-Romagna, come nel resto del Paese, un sistema di monitoraggio delle infezioni da HIV.
Come è noto, infatti, le informazioni fornite dall'analisi delle sole notifiche di AIDS conclamato sono insufficienti a seguire l'evoluzione epidemiologica registrata dall'HIV nell'ultimo decennio.
In Emilia-Romagna da anni è attivo l'Osservatorio provinciale di Modena a cui si è aggiunto, più recentemente, il sistema di monitoraggio dell'Azienda USL di Rimini. Alla luce del decreto citato e sulla base delle esperienze maturate da questi due Osservatori, la Regione Emilia-Romagna ha implementato il sistema di monitoraggio sulla sieropositività da HIV in tutto il territorio regionale, sentita anche la Commissione regionale di lotta all'AIDS. Le informazioni sono raccolte in anonimato e gestite esclusivamente attraverso l'uso di codici identificativi criptati, che rispettano la normativa sulla privacy previste dal decreto ministeriale.
Nel 2010 sono state registrati in Emilia-Romagna tra i residenti 369 nuovi casi di HIV (406 nel 2009). A questi vanno aggiunte 49 notifiche di persone residenti in altre regioni italiane.
Per una valutazione della diffusione dell'infezione da un punto di vista spaziale, è stata analizzata l'incidenza per provincia di residenza (figure 1). Dal confronto tra le diverse realtà territoriali emerge che le province di Rimini (11,8 casi per 100.000 abitanti) e Parma (11,2) riportano incidenze più alte, mentre le province nelle quali il fenomeno è meno diffuso sono quelle di Ferrara (7,7 casi per 100.000 abitanti) e Piacenza (7,2 casi per 100.000 abitanti).
Il sistema regionale non consente ancora di analizzare i trend dell'incidenza HIV, che si può ricavare invece dall'Osservatorio modenese (figura 2): secondo quest'ultimo, infatti, si evidenzia una forte diminuzione del numero dei casi di infezione fino al termine degli anni novanta, a cui ha fatto seguito un trend sostanzialmente stabile (a parte le fluttuazioni annuali spiegabili almeno in parte con la bassa numerosità registrata).
La struttura per sesso ed età dei casi, relativa a quadriennio 2006-2009 indica che la classe di età più rappresentata è quella compresa tra i 30 e i 49 anni (64,6% dei casi); soprattutto per i contributo maschile. L'evoluzione dell'età alla notifica, meglio osservabile dai dati dell'Osservatorio della provincia di Modena, indica un progressivo aumento dell'età al momento della segnalazione: si è passati da un'età mediana di 23 anni per gli uomini e 22 per le donne nel 1985, a 39 e 42 anni nel 2010.
La variazione nel tempo dell'età al momento della diagnosi di HIV si accompagna a un cambiamento delle modalità di trasmissione: quella per via sessuale è di gran lunga la prevalente, pari all'84,5% di tutte le diagnosi nel quinquennio 2006-2010 avvenute in Emilia-Romagna (55,1% per trasmissione eterosessuale e 29,4% attribuibili a trasmissione omo-bisessuale). Per trasmissione sessuale, si intendono i casi in cui l'infezione è acquisita attraverso rapporti sessuali a rischio non protetti.
Lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti, modalità prevalente negli anni ottanta, riveste ormai un ruolo secondario (4%) (figura 3). L'HIV è quindi ora da considerare una malattia sessualmente trasmessa (MST).
La proporzione di "stranieri" (persone con nazionalità diversa da quella italiana) tra le nuove diagnosi di infezione da HIV è pari al 29,4% nel quinquennio 2006-2010, percentuale spiegabile con l'incremento della popolazione immigrata registrato nell'ultimo decennio. I dati delle notifiche indicano che gli stranieri sono sensibilmente più giovani rispetto agli italiani. L'età mediana alla diagnosi è infatti di 37 anni per i maschi stranieri contro i 41 degli italiani; nelle femmine si accentua maggiormente questa differenza di età: 33 anni per le straniere contro i 40,5 anni delle donne italiane sieropositive. Più della metà dei casi nati all'estero (55,3%) proviene dall'Africa Sub-Sahariana. Le altre aree maggiormente rappresentate sono l'Europa Centrale (10,2%), l'America del Sud (9,8%), l'Africa del Nord (8,1%) e l'Europa dell'Est (8,1%). Anche in questo caso la distinzione per genere mostra andamenti differenti: mentre la distribuzione per area di provenienza delle donne riflette quasi fedelmente quella totale, ad eccezione dell'area America del Sud per la quale si ha una percentuale minima, si nota che, tra gli uomini, dopo l'Africa Sub-Sahariana (43,4%), le aree più rappresentate sono l'America del Sud (17,6%), l'Africa del Nord (11,7%) e l'Europa Centrale (10,9%).
La Regione Emilia-Romagna da anni promuove l'esecuzione del test HIV come una misura di prevenzione, seppur non primaria, ricordandone la gratuità in tutto il territorio regionale e il rispetto dell'anonimato, se la prenotazione avviene mediante i canali predisposti. Analizzando il motivo per cui si è eseguito il test HIV, emerge che il 46,9% dei casi complessivi ha eseguito il test HIV per sospetta patologia HIV-correlata o per sospetta Malattia Sessualmente Trasmissibile (MST). Inoltre un quinto delle diagnosi totali (23,6%) il test è stato eseguito per percezione del rischio, ovvero in quanto la persona aveva la consapevolezza di essersi esposto all'infezione a causa di una situazione o di un comportamento a rischio. Nel 6,4% dei casi l'infezione è stata diagnosticata in uno dei due genitori in occasione di un controllo ginecologico in gravidanza; in pochi, ma significativi casi (6 casi pari allo 0,3%), la diagnosi è stata definita in seguito all'identificazione di uno stato di sieropositività HIV nella mamma o nel bambino.
E' ancora forte il ritardo di diagnosi: come accennato per l'Italia, anche in Emilia-Romagna molte persone scoprono il loro stato di sieropositività tardivamente, precludendosi così parte delle possibilità offerte dalla terapia farmacologica.
Dal 2006 al 2010 sono stati segnalati tra i residenti in Emilia-Romagna 622 Advanced HIV Disease
Presenters (persone che accedono ai Servizi sanitari con un numero di linfociti CD4 inferiore o uguale a 200 cellule/mm3, oppure persone che all'accesso presentavano già un quadro clinico di AIDS, indipendentemente dalla conta dei linfociti CD4) e 928 Late Presenters (persone che accedono ai Servizi sanitari con un numero di linfociti CD4 inferiore o uguale a 350 cellule/mm3, oppure persone che all'accesso presentavano già un quadro clinico di AIDS, indipendentemente dalla conta dei linfociti CD4), pari rispettivamente al 32,0% e al 47,8% del totale.
AIDS
In Emilia-Romagna nel 2010 sono stati notificati 84 nuovi casi di AIDS tra i residenti (erano 101 l'anno precedente). Va sottolineato che il valore riportato per il 2010 potrebbe essere sottostimato per il fenomeno del ritardo di notifica, cioè del ritardo con cui queste pervengono al Centro Operativo AIDS dell'Istituto Superiore di Sanità. Rapportando il numero di notifiche alla popolazione residente risulta un tasso di 2,6 per 100.000 abitanti per il 2010.
Nel confronto nazionale, secondo i dati COA, nell'anno 2010 l'Emilia-Romagna si pone al terzo posto dopo Lombardia (2,8) e Lazio (2,8) (figura 4).
Osservando l'evoluzione temporale si nota lo stesso andamento registrato in Italia: forte aumento dei casi fino a metà degli anni novanta (571 nel 1994) a cui ha fatto seguito una netta riduzione fino all'inizio degli anni 2000, dopo di che tale riduzione ha subito un certo rallentamento (figura 5).
La regione Emilia-Romagna è autosufficiente in termini di assistenza sanitaria all'AIDS/HIV: la quasi totalità delle notifiche di residenti avviene nella regione a significare una ridotta migrazione sanitaria verso altre regioni.
Il numero di persone viventi con AIDS (che i tecnici chiamano casi prevalenti) è andato progressivamente aumentando, stimato in circa 1.806 persone a fine 2010, con un andamento simile a quello nazionale. L'incremento è giustificato dall'efficacia della terapia farmacologica che rallenta la progressione del virus da infezione a malattia, aumenta la sopravvivenza e migliora la qualità della vita dei malati.
Facendo un'analisi per provincia sulla base dei casi notificati nel biennio 2009-2010 si osservano tassi annui di incidenza di AIDS più elevati rispetto al valore regionale nelle province di Ferrara (3,2 casi per 100.000 abitanti), Ravenna (2,8), Piacenza (2,6), Parma (2,5) e Forlì (2,4).
Analizzando la mortalità per AIDS mediante l'impiego dei tassi standardizzati, che permettono corretti confronti temporali e geografici, si nota un aumento in entrambi i sessi fino a metà degli anni '90 con valori regionali superiori a quelli nazionali; successivamente si è assistito ad un rapido declino e dal 1999 i valori si sono stabilizzati convergendo negli ultimi anni ai valori nazionali (figura 7).